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venerdì 9 ottobre 2009






venerdì 24 ottobre 2008

Carta bianca al marketing

L'idea mi è venuta ieri mentre commentavo lo stato di un amico.
Effettivamente alle volte basta un po' di fantasia per trovare soluzioni creative e accattivanti per il marketing.
Parliamo ad esempio di uno dei prodotti più difficili da promuovere: la carta igienica.
E' un prodotto a basso appeal, dove la differenza spesso la fa il prezzo: provate un pò voi a decantare
le qualità di un prodotto del genere e a descrivere, anche con immagini, come vi può migliorare
la qualità della vita.
Io ci ho provato, questo è il risultato.
E voi, di che carta siete?


La carta per gli ultra-tecnologici amanti della musica




La carta per gli incontentabili




La carta per i fan di CSI




La carta passatempo per chi passa giornate intere in bagno




La carta per chi vuole essere sempre aggiornato con quanto succede nel mondo




La carta da viaggio, per non trovarsi MAI SENZA




La carta chic per chi vuole distinguersi anche i quei momenti




La carta da 90 piani di morbidezza




La carta scorrevole automatica per chi ha un braccio ingessato




Il pacco tris, per quelli che il "triangolo" l'avevano considerato.......




La carta per chi non può fare a meno dell’informatica




La carta mimetica per le emergenze campestri




La carta per chi soffre spesso di dissenteria




La carta per i fan di Chuck Norris




La carta per gli ecologisti




La carta per i masochisti




La carta nera per i nostalgici




La carta ultra-resistente per i casi più difficili

giovedì 11 settembre 2008

Pubblicicars

Oggi ho scoperto che in Italia il Codice della Strada vieta alle auto private di esporre pubblicità per conto di terzi.
Gli unici mezzi abilitati sono i mezzi di trasporto pubblico e i taxi: a dire il vero c'è anche chi è riuscito a trovare un cavillo nell'articolo e da diversi anni decora le Smart con messaggi pubblicitari di ogi tipo.

Tutto questo mi fa venire in mente alcune domande:
1) Perché il Codice della Strada dovrebbe vietare una cosa del genere?
Per motivi fiscali? Mi sembra strano, perché in quel caso sarebbe stata più opportuna una legge.
Perché potrebbero creare situazioni di pericolo per la circolazione sulle strade, magari distraendo chi le osserva mentre guida? Anche questo mi sembra strano, perché tutti i mezzi intestati a imprese riportano regolarmente immagini e scritte, quindi non vedo perché discriminare.
Mistero.

2) Perché io privato cittadino non posso reclamizzare un qualsiasi prodotto/servizio/azienda con il mio automezzo, indipendentemente dal fatto che a vietarmelo sia il Codice della Strada o una legge?
Se pago regolarmente le tasse sui guadagni che realizzo, non sarebbe conveniente sia per me che per lo Stato?
Mistero.

3) Mettereste voi una decalcomania o decorazione pubblicitaria di vario tipo sulla vostra auto privata, ipotizzando che la legge lo consentisse (oppure sfruttando qualche cavillo)?
Si, intendo proprio la vostra amata auto che lavate e lucidate ogni sabato con cura minuziosa.
Quale potrebbe essere un compenso equo?
Ho sentito parlare di 100 euro al mese per un taxi, diciamo un po' meno di 2 pieni di carburante.

4) Se si, accettereste qualsiasi tipo di sponsorizzazione (anche la carta igienica, tanto per fare un esempio) oppure c'è un limite?
Ad esempio una campagna contro l'abbandono degli animali la accettereste?

5) Acquistereste un'auto prodotta direttamente dalla casa costruttrice con le sponsorizzazioni, in cambio di un forte sconto?

6) C'è un tipo di pubblicità alternativa che sareste disposti ad accettare, al posto della decalcomania?

Sono tutte domande provocatorie, che partono dal presupposto che in Italia il parco auto pro-capite è tra i più alti nel mondo (dovremmo essere al terzo o quarto posto) e che l'italiano, culturalmente e tradizionalmente, ha sempre avuto un rapporto privilegiato nei confronti delle automobili.

venerdì 29 agosto 2008

Barack e burattini

Barack di qua, Barack di là, Barack e Hillary, Barack come Kennedy e Martin Luther King, Barack contro Superman, Barack E' Superman.

Ora però arriva McCain: “Toc, toc! Ehi, ci sono anch’io!”.

Questa è la sintesi della popolarità attuale dei candidati in corsa per la Casa Bianca.
Apprendo oggi che il candidato repubblicano si è reso conto (con un po’ di ritardo) che il concorrente democratico finora gli ha rubato il palcoscenico, grazie ad una esposizione mediatica nettamente superiore sia quantitativamente che qualitativamente.

Non è nemmeno una questione di media, perché questo avviene in tv, in radio, sui giornali e sul web.
McCain finora non è riuscito a promuovere efficacemente la propria immagine, mentre ogni volta che Obama si gratta un orecchio parte immediatamente un tam tam su tutti i media del mondo.
A sfavore di McCain (classe 1936) gioca senza dubbio il fattore anagrafico (e di riflesso quello culturale), ma d’altronde i consulenti servono anche a quello, no?

Barack Obama (classe 1961) è un comunicatore nato, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni e i nuovi media.
Leggo su Wikipedia, a proposito di Barack Obama:
La "Legge sulla trasparenza dei fondi federali Coburn-Obama" fornisce un sito web, gestito dall'Agenzia della Gestione e del Bilancio, che annota tutte le organizzazioni che ricevono fondi federali dal 2007 in avanti, e fornisce dettagliatamente quale agenzia destina i fondi, la quantità di denaro fornito, e il motivo del finanziamento o contratto.

Partecipando a vari social network, mi capita spesso di trovare community, gadget, widget, discussioni pro-Obama (ad esempio su Facebook), ma di McCain nessuna traccia.

Tanto per fare chiarezza, specifico che secondo me non esistono un “popolo del web” e un “popolo fuori dal web”, piuttosto che una “campagna on-line” in contrapposizione (o in parallelo) ad una “campagna off-line”.
Io sono la stessa persona sia quando sono sul web che quando non lo sono e le mie idee non cambiano a seconda dei contesti in cui mi trovo.
Se dal contatto diretto con altre persone, piuttosto che dai media tradizionali, ci formiamo le nostre idee e le nostre convinzioni, le porteremo avanti spontaneamente anche sui media digitali, con un “tam tam mediatico dal basso”.
“Essere in rete” è un’affermazione limitativa, perché in realtà noi siamo sempre in rete, anche quando non siamo connessi ad Internet, che è solo l’ultimo, potentissimo, canale per intrecciare relazioni.
I pensieri off-line alimentano continuamente l’on-line; i pensieri on-line dilagano rapidissimamente e conseguentemente influenzano le persone anche nella vita off-line.

Barack Obama questo l’ha capito.

lunedì 25 agosto 2008

Tutti pazzi per colpa della tele

Meno male che ci pensa mamma RAI a proporci ogni tanti delle trasmissioni innovative.

Apprendo che a dicembre partirà lo show "Tutti pazzi per la tele", condotto dall'onnipresente Antonella Clerici.
Il filo conduttore della trasmissione sarà la storia della televisione e riprende uno spettacolo già andato in onda negli anni '50 (ergo, gallina vecchia fa buon brodo).

Infatti l'impressione che suscita è che giunga anacronisticamente con 50 anni di ritardo, disperato tentativo reazionario di una TV di Stato che tenta maldestramente di difendersi dall'inesorabile crescita dei media digitali.
Non mi risulta proprio che al giorno d'oggi gli italiani impazziscano per la televisione, ma forse in Viale Mazzini pensano che gli italiani siano tutti stupidi e gli si possa rifilare qualsiasi minestra riscaldata.

Creare un falso bisogno nell'opinione pubblica Condizionare l'opinione pubblica non mi sembra l'approccio migliore sia per fornire un servizio di qualità che per raggiungere buoni livelli di audience.
Perché non chiedono agli italiani cosa vogliono e lo realizzano? Perché non ascoltare le idee e i desideri che arrivano dal basso?
Un format del genere poteva idearlo mio nonno, non un'azienda che dovrebbe essere all'avanguardia tecnologica e culturale, tanto più per il ruolo di servizio pubblico che riveste.

In ogni caso, se la trasmissione dovesse avere successo (cosa di cui dubito fortemente), prevedo dei seguiti:
- "Tutti pazzi per la radio"
- "Tutti pazzi per il telegrafo"

domenica 24 agosto 2008

Le Olimpiadi sui motori di ricerca

Parallelamente alle gare Olimpiche, si sono svolte anche quelle per il posizionamento migliore sui motori di ricerca da parte di chi attraverso il web pubblica notizie e approfondimenti sulle Olimpiadi di Pechino.


Curiosamente, digitando in Google una banale stringa di ricerca tipo "Pechino 2008 blog", in cima non troviamo il blog della RAI, lo stesso già sotto accusa da parte degli utenti della rete, ma quello di Blogosfere.
In seconda posizione troviamo addirittura un blog quasi inattivo (5 post in 3 mesi) e finalmente al terzo posto il blog RAI.
Cambiando la ricerca in "Pechino 2008 sito", vediamo che il sito di RAI Sport fa anche peggio, posizionandosi in settima posizione.

Se non eccellono sui motori di ricerca, i siti e blog RAI hanno un'usabilità non ai livelli che ci si aspetterebbe da un servizio pubblico, soprattutto per un evento mediatico di questa portata.
Qualcuno in Viale Mazzini dovrebbe riflettere su questi segnali importanti.


Le Olimpiadi degli spettatori

Oggi voglio fare un esempio di come la RAI affronta concretamente il tema dell'accessibilità.

Lo spunto mi è stato fornito da una mia visita al Blog che la RAI ha predisposto per i commenti alle Olimpiadi di Pechino, spinto più da curiosità che dal desiderio di interagire.

TESTI
I caratteri sono microscopici, poco leggibili anche per un normovedente, mentre le pagine non prevedono nemmeno la possibilità di scelta della dimensione del carattere.
Tralascio i contenuti testuali del blog (vedi post di approfondimento) perché non sono mai stati alimentati e i pochi post non sono nemmeno spunti di discussione ma solo prese di posizione nei confronti dei lettori.

VIDEO
La galleria dei video è posizionata in cima alla pagina homepage.
Clicco su un video a caso e mi compare questa videata:


In sostanza per riprodurre i video dovrei prima installare Silverlight, un software di Microsoft per utilizzare Rich Internet Applications (applicazioni web interattive di nuova generazione).
Questo software non è fornito a corredo delle installazioni standard di Windows XP e Vista, ma è scaricabile a richiesta e gratuitamente tramite Windows Update.
Al momento in cui vi scrivo, è disponibile solo per ambienti Windows e Mac, quindi chi usa Linux (lo 0,8% della popolazione) non può accedere a questi filmati.

Attenzione però ad associare questa fascia d'utenza esclusivamente ai fan irriducibili del pinguino che per scelta non utilizzano software proprietari: troviamo infatti anche chi ha limitate possibilità economiche ma vuole ugualmente avvicinarsi alle nuove tecnologie, oppure troviamo tanti utenti business che accedono tramite i subnotebook che ultimamente hanno parecchio successo (vedi Asus EeePc).
In alternativa a Silverlight è possibile utilizzare Windows Media Player (altra tecnologia proprietaria di Microsoft), come si può notare dai pulsantini evidenziati.


Giusto per fare chiarezza, ecco un estratto da Wikipedia, alla voce "accessibilità":
L'accessibilità, in informatica, è la capacità di un dispositivo, di un servizio o di una risorsa d'essere fruibile con facilità da una qualsiasi categoria d'utente.

Il termine è comunemente associato alla possibilità anche per persone con ridotta o impedita capacità sensoriale, motoria, o psichica (ovvero affette da disabilità sia temporanea, sia stabile), di fruire dei sistemi informatici e delle risorse software a disposizione.

martedì 19 agosto 2008

Apriamo un blog, anzi no

Leggo oggi su Libero News che la Rai ha chiuso dopo 1 ora sola il blog che aveva creato sul suo portale per commentare le Olimpiadi (altro record tra i tanti di questa edizione).
Il motivo sono le centinaia di commenti negativi dei lettori che, a torto o a ragione, hanno inondato il blog a fronte di 5 soli post editoriali.
Sul banco degli imputati sono finiti la qualità delle immagini, dei commentatori, del palinsesto.... insomma tutto il servizio offerto dalla RAI.

Il responsabile del blog, il giornalista Giampiero De Luise, dice testualmente (fonte Libero News):
"Avrei gradito molto prendermi qualche minuto di pausa nelle tante ore di lavoro per discutere con voi di imprese atletiche, scambiare opinioni sul servizio web, prendere nota di qualche suggerimento…
Invece, dopo una sola ora di Olimpiade (e ripeto UNA SOLA ORA), vi siete avventati su di noi come belve feroci.
Mi avete lasciato senza parole.
Ho capito che rispondere alle invettive serve solo a scatenare ancor di più la furia di alcuni.
Quindi vi saluto e mi astengo definitivamente da qualsiasi ulteriore post.
So bene che anche questo sarà per alcuni ulteriore motivo di polemica, ma in tutta franchezza ho impegni più seri e importanti ad assolvere".

Non avendo seguito le dirette olimpiche, non posso dare una valutazione sulla qualità del servizio RAI, però posso fare queste considerazioni:

1) la Rai ha pagato una preesistente immagine negativa nei confronti degli utenti.
Qualità di alcuni programmi, presunti sprechi, canone ritenuto spesso iniquo per un servizio pubblico che tanto servizio non è, e così via sono le critiche più ricorrenti.

2) la RAI non ha predisposto a dovere le fasi preparatorie necessarie.
Analisi ambientale, analisi del brand, analisi delle esigenze degli utenti, analisi degli skill del team, predisposizione di un piano, sono solo alcuni aspetti.
Era impreparata a sfruttare un canale di comunicazione come un blog.

3) I contenuti e la forma non erano adeguati alle aspettative dei lettori degli utenti attivi.
Lo dimostrano le tante critiche.
Anche se realizzati nel migliore dei modi possibili, non era quello che volevano gli utenti.
Le dinamiche dei nuovi media sono profondamente diverse da quelle dei canali offline.

4) L'esposizione dei contenuti non è avvenuta nel migliore dei modi
Dovevano essere coinvolte persone maggiormente abituate a comunicare con i canali online (anziché riciclare quelle provenienti dall'offline)

5) Un blog aziendale serve anche per recepire l'immagine dell'azienda all'esterno.
Critiche, complimenti, suggerimenti, stroncature: tutto può essere utile per migliorare.
Mantenere aperto il blog poteva essere un'occasione straordinaria per raccogliere tante preziose informazioni in un database e analizzarle con cura.
La cosa buffa è che solitamente le aziende pagano per effettuare ricerche di mercato sui propri prodotti e servizi, ma non sempre i campioni prescelti sono rappresentativi, mentre in questo caso erano esattamente il target a cui l'azienda si rivolgeva.

6) Mancata applicazione di un contingency plan.
La risposta data dal giornalista (vedere in particolare i passaggi in grassetto) è quanto di peggio si potesse fare per creare danno all'immagine dell'azienda.
Dire a qualcuno "Non ti ascolto più" e "Ho cose più importanti da fare", oltre che infantile (gnè gnè gnè, non gioco più...) quando si fornisce un servizio pubblico è una cosa inconcepibile.
Un giornalista non deve rinunciare a comunicare.
Forse tenere aperto il blog affrontando il problema sarebbe stato il minore dei mali e probabilmente la RAI ne sarebbe uscita malconcia ma a testa alta.

7) Ultimo ma non ultimo, i blog e gli altri media digitali interattivi che caratterizzano il web 2.0 mal si sposano con l'arroganza di chi sceglie di non dialogare alla pari se non quando si è certi di sentirsi dire solo ciò che fa piacere.
Non si conversa stando in piedi su un piedistallo, questo deve essere chiaro.
Approfittare di una posizione privilegiata può farci prendere decisioni facili, ma sbagliate.

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