Apriamo un blog, anzi no
Leggo oggi su Libero News che la Rai ha chiuso dopo 1 ora sola il blog che aveva creato sul suo portale per commentare le Olimpiadi (altro record tra i tanti di questa edizione).
Il motivo sono le centinaia di commenti negativi dei lettori che, a torto o a ragione, hanno inondato il blog a fronte di 5 soli post editoriali.
Sul banco degli imputati sono finiti la qualità delle immagini, dei commentatori, del palinsesto.... insomma tutto il servizio offerto dalla RAI.
Il responsabile del blog, il giornalista Giampiero De Luise, dice testualmente (fonte Libero News):
"Avrei gradito molto prendermi qualche minuto di pausa nelle tante ore di lavoro per discutere con voi di imprese atletiche, scambiare opinioni sul servizio web, prendere nota di qualche suggerimento…
Invece, dopo una sola ora di Olimpiade (e ripeto UNA SOLA ORA), vi siete avventati su di noi come belve feroci.
Mi avete lasciato senza parole.
Ho capito che rispondere alle invettive serve solo a scatenare ancor di più la furia di alcuni.
Quindi vi saluto e mi astengo definitivamente da qualsiasi ulteriore post.
So bene che anche questo sarà per alcuni ulteriore motivo di polemica, ma in tutta franchezza ho impegni più seri e importanti ad assolvere".
Non avendo seguito le dirette olimpiche, non posso dare una valutazione sulla qualità del servizio RAI, però posso fare queste considerazioni:
1) la Rai ha pagato una preesistente immagine negativa nei confronti degli utenti.
Qualità di alcuni programmi, presunti sprechi, canone ritenuto spesso iniquo per un servizio pubblico che tanto servizio non è, e così via sono le critiche più ricorrenti.
2) la RAI non ha predisposto a dovere le fasi preparatorie necessarie.
Analisi ambientale, analisi del brand, analisi delle esigenze degli utenti, analisi degli skill del team, predisposizione di un piano, sono solo alcuni aspetti.
Era impreparata a sfruttare un canale di comunicazione come un blog.
3) I contenuti e la forma non erano adeguati alle aspettative dei lettori degli utenti attivi.
Lo dimostrano le tante critiche.
Anche se realizzati nel migliore dei modi possibili, non era quello che volevano gli utenti.
Le dinamiche dei nuovi media sono profondamente diverse da quelle dei canali offline.
4) L'esposizione dei contenuti non è avvenuta nel migliore dei modi
Dovevano essere coinvolte persone maggiormente abituate a comunicare con i canali online (anziché riciclare quelle provenienti dall'offline)
5) Un blog aziendale serve anche per recepire l'immagine dell'azienda all'esterno.
Critiche, complimenti, suggerimenti, stroncature: tutto può essere utile per migliorare.
Mantenere aperto il blog poteva essere un'occasione straordinaria per raccogliere tante preziose informazioni in un database e analizzarle con cura.
La cosa buffa è che solitamente le aziende pagano per effettuare ricerche di mercato sui propri prodotti e servizi, ma non sempre i campioni prescelti sono rappresentativi, mentre in questo caso erano esattamente il target a cui l'azienda si rivolgeva.
6) Mancata applicazione di un contingency plan.
La risposta data dal giornalista (vedere in particolare i passaggi in grassetto) è quanto di peggio si potesse fare per creare danno all'immagine dell'azienda.
Dire a qualcuno "Non ti ascolto più" e "Ho cose più importanti da fare", oltre che infantile (gnè gnè gnè, non gioco più...) quando si fornisce un servizio pubblico è una cosa inconcepibile.
Un giornalista non deve rinunciare a comunicare.
Forse tenere aperto il blog affrontando il problema sarebbe stato il minore dei mali e probabilmente la RAI ne sarebbe uscita malconcia ma a testa alta.
7) Ultimo ma non ultimo, i blog e gli altri media digitali interattivi che caratterizzano il web 2.0 mal si sposano con l'arroganza di chi sceglie di non dialogare alla pari se non quando si è certi di sentirsi dire solo ciò che fa piacere.
Non si conversa stando in piedi su un piedistallo, questo deve essere chiaro.
Approfittare di una posizione privilegiata può farci prendere decisioni facili, ma sbagliate.
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